17 febbraio 2009

L'incontro con Gherardo Colombo: spunti e riflessioni.

Qualche giorno fa si è tenuto nella sala consiliare del Comune di Capannori un incontro con l’ex pm e magistrato Gherardo Colombo. L’iniziativa era finalizzata a discutere del “senso delle regole”, nell’ambito di un progetto di riflessione e approfondimento della Costituzione a sessant’anni dalla sua nascita.
L’approccio di Colombo all’uditorio si è immediatamente dimostrato diretto e non convenzionale. Egli ha aggirato la cattedra da cui era previsto tenesse il suo discorso e si è posizionato in piedi di fronte alle postazioni del pubblico: un gesto che si può dire emblematico di quello che sarebbe stato il senso dell’intera conferenza. Colombo ha spiegato infatti che era sua intenzione eliminare qualsiasi barriera che potesse creare una separazione in senso gerarchico tra lui e gli spettatori. Da questa semplice considerazione ha avuto inizio la riflessione intorno alle regole che era l’oggetto della conferenza. Le regole –dice Colombo- sovrintendono all’organizzazione delle nostre vite, che noi ne siamo consapevoli o no, e senza di esse sarebbe impossibile la minima forma di relazione. Basti pensare al linguaggio, agli orari, alle diverse forme di comunicazione che popolano la modernità: tutto ciò poggia su patti stipulati tra esseri umani che decidono di vivere in comunità e per farlo riconoscono come necessario l’accordarsi su certi principi fondamentali, le regole appunto. Spesso però accade che la percezione dell’utilità di questi principi si perda agli occhi delle persone e cominci ad apparire più comodo e funzionale il non attenervisi. Una cosa colpiva nelle parole di Colombo: il suo tentativo –riuscitissimo- di parlare con chiarezza e semplicità e la volontà di non fornire pretesti a strumentalizzazioni né a deresponsabilizzazioni. E’ a questo punto che si è percepito l’aspetto più propriamente filosofico della riflessione: non una semplice apologia della legge in quanto tale, ma la vera e propria espressione di una visione del mondo. Ogni infrazione, seppur di minima rilevanza come ad esempio un parcheggio in sosta vietata, costituisce una violazione di quel patto e un passo verso una società in qualche modo meno “giusta”. Le regole, se fondate come dovrebbero sul concetto di persona quale valore assoluto, sono infatti garanzia di uguaglianza e presupposto di quella che Colombo definisce una “società orizzontale”, una società nella quale a tutti siano riconosciuti gli stessi diritti fondamentali -libertà, salute, istruzione, lavoro- e che ponga ciascuno nelle condizioni di realizzarsi nella vita come meglio crede. La “società verticale”, realizzatasi appieno nei regimi totalitari ma che in parte sopravvive anche nei Paesi democratici, è invece quella che assume come valore la legge del più forte, della selezione attraverso cui i “migliori” si affermano relegando in condizioni di marginalità e subordinazione chi non raggiunge risultati altrettanto brillanti. La piramide è l’immagine che meglio simboleggia tale organizzazione gerarchica dell’umanità. In questo tipo di società i principi fondamentali vengono costantemente violati e la legge è strumento di autotutela e autoconservazione di chi detiene il potere. Per questo è importante ribellarsi a regole che sanciscano la discriminazione e la disuguaglianza e sviliscono la dignità dell’individuo, ma è altrettanto importante osservare quelle che presiedono all’organizzazione del vivere comune, in modo da impedire che si affermi un assetto sociale piramidale: chi è al vertice della piramide si regge anche grazie a chi, trasgredendo per acquisire piccoli vantaggi, si fa strumento inconsapevole dei potenti e gradino intermedio della costruzione gerarchica.
Il cammino verso una società più equa e che ponga al centro la persona non pare concluso né vicino a rapido compimento; tuttavia Colombo diffida dal disperare e, con un ottimismo lontano da utopismi e illusioni, afferma che ciò che sembrava un tempo inconcepibile –fine della schiavitù, emancipazione femminile, sanità e istruzione per tutti- è in seguito divenuto obiettivo concreto e spesso si è realizzato. L’importante è non perdere né la pazienza né la speranza e continuare a battersi per quei principi. Un insegnamento che chi fa politica dovrebbe custodire gelosamente.