La
sentenza della Corte di Appello di Firenze, che nel processo di secondo grado
ha ridotto a 16 gli anni di condanna per Simone Baroncini, ha riportato l’attenzione
sulle dinamiche del nostro sistema giudiziario e sugli sconti di pena.
Nel
dicembre 2009 Baroncini uccise Vanessa Simonini, una giovane donna di Gallicano
che si era opposta alle sue avances. Al “no” di Vanessa era seguito l’omicidio.
Come troppe altre volte nel nostro Paese al rifiuto di una donna era seguita la
sopraffazione, la brutalità, il delitto.
In
memoria di Vanessa abbiamo lavorato ad un progetto contro la violenza alle
donne, che accanto agli interventi nelle scuole ha portato all’apertura di un
centro di sostegno e assistenza proprio a Gallicano.
In
Parlamento continueremo a lavorare affinché gli strumenti legislativi consentano
di operare quel cambiamento culturale profondo che è indispensabile per
contrastare in modo efficace una barbarie che l’Italia ha fatto a lungo fatica
a comprendere in tutta la sua gravità. Al governo abbiamo chiesto con una
risoluzione bipartisan di ripristinare le risorse per il Fondo destinato ai
progetti di prevenzione e repressione della violenza contro le donne e di dare
un segnale forte all’intera società velocizzando l’adesione del nostro Paese
alla Convenzione Europea per la lotta a questo tragico fenomeno.
Ma
non possiamo non interrogarci di fronte al dolore e alla rabbia espressa dai
familiari di Vanessa alla notizia della consistente riduzione che ha portato la
pena inflitta a Baroncini dai 30 anni del primo grado a 16.
I
giudici hanno applicato la norma: è il loro compito, la loro funzione. Non è
certo nel loro lavoro che sta il problema.
Il
problema sta negli strumenti legislativi.
Nel
nostro ordinamento costituzionale il percorso di accertamento di responsabilità
e l’eventuale disposizione di una pena non hanno valenza vendicativa e offrono
all’imputato tutte le garanzie previste in un Paese che voglia dirsi civile. La
finalità rieducativa della pena coesiste, nella nostra carta costituzionale,
con la sua proporzionalità: l’equilibrio tra la gravità del reato commesso e le
conseguenze giudiziarie è elemento essenziale di questo stesso ordinamento.
Per
questo, insieme a tutte le colleghe del gruppo parlamentare Pd e con la particolare
attenzione di quelle impegnate in Commissione Giustizia, abbiamo deciso di
lavorare con l’obiettivo di costruire una proposta di legge che torni a mettere
in discussione alcuni degli aspetti meno efficaci del ricorso ai riti
alternativi e tenti di ridefinire i meccanismi che attengono alla concessione
delle attenuanti, soprattutto in casi di omicidi efferati come quello che ha
strappato Vanessa alla sua famiglia.
A
chi chiede giustizia dobbiamo una risposta chiara, in grado di trasmettere con
grande forza un messaggio di inappellabile rifiuto verso una violenza che nel
nostro Paese si è ormai trasformata in un’emergenza sociale di dimensioni
gravissime.