20 maggio 2015

Ecoreati, approvata la legge

Chi inquina deve pagare: mai più vicende giudiziarie come quella di Eternit, mai più devastazioni come nella “Terra dei fuochi”; centinaia di situazioni meno note ma altrettanto gravi nel nostro Paese hanno danneggiato gravemente famiglie e territori e prodotto costi insostenibili per le Istituzioni. La difesa dell’ambiente e la tutela della salute dei cittadini devono essere garantite con mezzi all’altezza. E da oggi, con l’approvazione della legge sugli Ecoreati, l’Italia si dota finalmente di uno strumento efficace. Dopo 20 anni il nostro Paese svolta sul piano della civiltà giuridica e restituisce dignità a chi ha combattuto in nome delle vittime dei disastri ambientali.
Nel nostro Paese le cifre registrate sono preoccupanti: circa 30mila crimini ambientali ogni anno, che producono un giro d’affari stimato in qualcosa come 15 miliardi di euro, con un ruolo di primo piano giocato dalla criminalità organizzata. Fino ad oggi questa situazione veniva affrontata facendo riferimento al testo unico dell’ambiente, con un sistema sanzionatorio formato da ipotesi contravvenzionali.
Con il nuovo testo invece il quadro viene definito con precisione.
Vengono definiti cinque nuovi reati ambientali, puniti con multe e reclusione (inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale radioattivo, impedimento di controllo e omessa bonifica) e sono previste aggravanti per i reati commessi dalla criminalità organizzata.
Grazie a questa nuova legge l’Italia si dà una disciplina a tutela della salute dei cittadini e di uno dei suoi più preziosi patrimoni, quello ambientale. La difesa dell’ambiente insieme alla sostenibilità dello sviluppo rappresentano la chiave per traghettare il nostro tessuto produttivo nel futuro e fuori dalla crisi.

Per chi vuole approfondire, ecco una sintesi degli aspetti più rilevanti di questo provvedimento:
la legge sugli Ecoreati  rafforza l’azione penale in campo ambientale.
Introduce infatti  i nuovi reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, i delitti colposi contro l'ambiente, il traffico e l'abbandono di materiale radioattivo, il reato di omessa bonifica e quello di impedimento al controllo.
Il provvedimento è nato da un testo unificato a partire da una proposta di legge a prima firma del presidente della Commissione Ambiente della Camera Realacci (A.C. 342) e da quelle analoghe degli On. Micillo (M5S - AC 957) e Pellegrino (Sel  - AC 1814).

INQUINAMENTO AMBIENTALE Da 2 a 6 anni di carcere con un multa da 10mila a 100mila euro per chiunque abusivamente provoca 'una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna'. Sono previste aggravanti in caso di lesioni o morte a una o più persone: da 2 anni e 6 mesi fino a 7 anni per lesioni che comportino più di 20 giorni di malattia; da 3 a 8 anni per lesioni gravi; da 4 a 9 per lesioni gravissime; da 5 a 10 in caso di morte.
DISASTRO AMBIENTALE Chiunque abusivamente provoca un disastro ambientale è punito con la reclusione da 5 a 15 anni. Costituiscono disastro ambientale 'alternativamente: l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema; l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo'
PENE AUMENTATE SE REATI IN AREE PROTETTE Sia per il reato di inquinamento ambientale che di disastro ambientale la pena viene aumentata nel caso in cui i reati vengono commessi in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, o nel caso in cui vengano danneggiate specie animali o vegetali protette.
DELITTI COLPOSI Nel caso in cui i reati di inquinamento e di disastro ambientale vengano commessi per colpa - anziché per dolo - le pene previste vengono ridotte da un terzo a due terzi.
PUNIZIONE DEL PERICOLO PER L'AMBIENTE La messa in pericolo colposa dell'ambiente viene punita con le stesse pene previste dalle fattispecie di inquinamento e di disastro ambientale - a seconda dei casi - ridotte di un terzo.
TRAFFICO E ABBANDONO DI MATERIALE AD ALTA RADIOATTIVITÀ Da 2 a 6 anni di carcere e multa da 10mila a 50mila euro per 'chiunque, abusivamente, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa           illegittimamente di materiale ad alta radioattività'. Le pene vengono aumentate 'se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento: delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna'. Pene aumentate fino alla metà anche 'se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone'.
IMPEDIMENTO DEL CONTROLLO Reclusione da 6 mesi a 3 anni per 'chiunque, negando l'accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti'.
AGGRAVANTI Sono previste aggravanti in caso di associazione a delinquere di stampo mafioso. Pene aumentate da un terzo alla metà se dell'associazione 'fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale'.
AGGRAVANTE AMBIENTALE Prevista una aggravante ambientale nel caso in cui uno dei reati del codice penale venga commesso allo scopo di danneggiare l'ambiente. Le pene - a seconda dei casi - possono essere aumentate fino alla metà.
RAVVEDIMENTO OPEROSO Riduzione da un terzo alla metà delle pene previste per chi si adopera per il ripristino dello stato dei luoghi e di un terzo per chi collabora con l'autorità giudiziaria. Nel caso in cui il giudice disponga la sospensione del procedimento per permettere l'attuazione del cosiddetto ravvedimento operoso, il corso della prescrizione viene sospesa. La sospensione del procedimento dovrà avvenire prima 'della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado' e dovrà essere disposta 'per un tempo congruo' a consentire il ripristino dello stato dei luoghi, che non potrà superare il limite di due anni prorogabile al massimo di un anno.
CONFISCA Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è sempre ordinata la confisca 'delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato', salvo che i beni appartengano a persona estranea al reato. I beni confiscati o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all'uso per la bonifica dei luoghi. Niente confisca per l'imputato che 'abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato luoghi'.
RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI Il condannato viene sempre obbligato al recupero o, dove tecnicamente possibile, al ripristino dello stato dei luoghi. 
OMESSA BONIFICA Viene punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 20mila a 80mila euro 'chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi'.
RADDOPPIO TEMPI PRESCRIZIONE I termini dopo il quale la prescrizione estingue il reato vengono raddoppiati per i nuovi delitti contro l'ambiente.
PROCURATORE ANTIMAFIA E AGENZIA ENTRATE Quando il procuratore della Repubblica procede a indagini per i delitti contro l'ambiente, dovrà darne notizia anche all'Agenzia delle entrate 'ai fini dei necessari accertamenti' e al Procuratore nazionale antimafia.


01 maggio 2015

Primo maggio

Amare il proprio lavoro, scriveva Primo Levi, “costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”. Essere “competenti” nello svolgerlo e quindi provare piacere nel farlo, continuava l’autore di “La Chiave a Stella”, è “forse il tipo di libertà più accessibile, più goduto soggettivamente e più utile al consorzio umano”.

Oggi il lavoro è più che mai affine all’idea di libertà. Libertà quotidiana e materiale, libertà di fare. Di esprimere il proprio talento, di partecipare alla crescita della comunità, e soprattutto di godere di quella dignità che permette di costruire il futuro a partire dal presente. Un presente in cui si può vivere forti della consapevolezza di quanto essenziale sia il contributo di ciascuno per lo sviluppo del nostro Paese, per uscire dalla crisi economica che si è abbattuta anche sull’Italia colpendola duramente.

Ma oggi lavoro significa purtroppo anche urgenza. Urgenza, innanzi tutto, di dare risposte rapide ed efficaci a chi il lavoro lo chiede, a chi vuole lavorare per poter portare avanti la propria vita e garantire opportunità e futuro alla propria famiglia.

Ed eccola, un’altra parola chiave: futuro. Il futuro che dobbiamo costruire è quello dei nostri figli. Sono giovani che oggi cercano il lavoro, una generazione dinamica, preparata, volenterosa. Sono stati chiamati bamboccioni e choosy, ma non è quello che vedo io, questo ritratto mi pare approssimativo e certo non valido per la maggioranza di loro. Incontro ragazze e ragazzi motivati, che domandano di lavorare, che accumulano esperienza, che investono in formazione anche oltre il percorso universitario. Che non si lasciano fermare dalla stanchezza, giovani in gamba, che non si tirano indietro davanti alla necessità di cambiare e al contrario vivono i cambiamenti come evoluzioni professionali e possibilità di arricchire il proprio bagaglio di conoscenze.

Questi stessi giovani chiedono anche di vedere riconosciuti diritti elementari come quello ad una retribuzione dignitosa, che permetta di coltivare le loro aspirazioni, che garantisca una stabilità su cui fondare progetti di vita sottraendoli all’arbitrio del precariato.

L’impegno del governo per dare una risposta in questo senso è già in atto. L’obiettivo è quello di offrire prospettive più ampie e maggiori garanzie a chi lavora. Mettendo in campo una flessibilità che valorizzi le competenze e contribuisca alla qualità, perché è l’eccellenza delle produzioni la chiave di una competitività rinnovata per il nostro Paese, in grado di offrire diritti, sicurezza e salario insieme alla crescita. Oltre ai provvedimenti che riguardano direttamente le modalità di lavoro come il Jobs Act, che ha finalmente spazzato via la giungla di contratti che ha tenuto in ostaggio un’intera generazione, l’esecutivo non si è tirato indietro neppure di fronte alla necessità di intervenire direttamente in vertenze importanti per i territori. Una per tutte, nella nostra Toscana, quella sul polo industriale di Piombino. Ma anche in Lucchesia, per fare l’esempio più recente, è costante l’attenzione alla situazione dei lavoratori di Mercatone Uno. Perché non possiamo dimenticare chi resta escluso, per periodi più o meno lunghi, dal mondo del lavoro e deve poter contare su tutele efficaci e adeguate. 

Alle imprese ci si è rivolti offrendo una serie di interventi per la competitività come i minibond, sgravi contributivi, tagli alle bollette, incentivi per l’innovazione tecnologica, tagli alle tasse: la costruzione di un tessuto produttivo saldo e competitivo sta anche nella capacità di rinnovarsi e di accettare le sfide di un mercato globale sempre più attento alla qualità, e allo stesso tempo di coniugare la crescita con la sostenibilità. In una dimensione di scambio che coinvolga aziende, lavoratori e anche il contesto sociale e l’ambiente in cui essi operano.

Tornare a dare al lavoro un ruolo di primo piano è la prima cosa da fare per portare l’Italia fuori dal buio di una crisi come non se ne vedevano da decenni. Una crisi che ha colpito le famiglie, devastato il tessuto produttivo e soprattutto depredato troppe persone della speranza.

Solidarietà è quindi l’ultima parola con cui voglio scandire il mio intervento: lavorare insieme, uniti, con un obiettivo condiviso che sia un nuovo benessere comune, una crescita sostenibile, la diffusione dei diritti. Un progetto da far crescere passo dopo passo, usando tutti gli strumenti che abbiamo, valorizzando i talenti di chi fa impresa e di chi l’impresa la fa muovere tutti i giorni con il lavoro delle sue mani. Per ricostruire la fiducia e offrire ai nostri giovani il futuro che meritano, grazie alle innumerevoli risorse, ogni ancora troppo inutilizzate, del nostro magnifico Paese.