Quando
penso ad Aurelio la prima cosa che mi viene in mente è l’energia, intensa e
generosa, che ci trasmetteva standogli a fianco, un misto tra senso di
protezione e pungolo. Era una costante, una sorta di tratto distintivo che lo
accompagnava e che lasciava il segno.
Aurelio Russo se ne è andato una mattina d’estate, senza fare rumore e lasciandoci a fare i
conti con un vuoto che non si può colmare.
Ancora
non ci sembra vero!
Oggi
siamo qui, e siamo davvero tanti, per ricordare lui e il suo lavoro, per lasciare
una testimonianza al Real Collegio,
luogo e istituzione cui Aurelio si era dedicato con la consueta passione,
ottenendo risultati importanti, riportando questo bellissimo complesso al
centro dell’attenzione e animandolo di nuove iniziative.
Lo
ha fatto lavorando sodo come suo solito, con naturalezza: come se non facesse
niente di eccezionale, raggiungendo obiettivi che a tanti erano sembrati
impensabili senza indulgere nella ricerca di pubblicità né tanto meno di
riconoscimenti personali.
Con
questo spirito fattivo ed una concezione così pragmatica da sembrare
insofferente delle liturgie istituzionali e politiche aveva da sempre affrontato
il suo impegno civile, prima come consigliere comunale a Capannori, poi da
assessore provinciale, con l’incarico essenziale e gravoso della gestione del
Bilancio e del patrimonio, a cui si era aggiunta col tempo la responsabilità
della Fabbrica del Palazzo e degli interventi che hanno riportato la sede
monumentale dell’amministrazione provinciale di Lucca alla sua bellezza
originaria.
Negli
ultimi anni poi il suo lavoro si era concentrato sul recupero e il rilancio del
Real Collegio e sulle possibili soluzioni alla difficile situazione della società
SEVERA: sfide importanti, cui Aurelio ha come di consueto dedicato tutto se
stesso, senza risparmiarsi, fino alla fine.
Lo
rivediamo in molti intento a seguire i cantieri delicatissimi del restauro di
palazzo Ducale, a dire la sua su pavimenti, colori delle pareti, tappezzerie, a
limitare le spese troppo esose destinate a questo o quel palazzo, a discutere
di edilizia scolastica con Presidi e insegnanti, di caserme, di sedi per i
mezzi dei nostri cantonieri….potrei continuare ….
Perché
Aurelio non aveva paura della fatica, non aveva paura di dare fondo a tutte le
sue forze, come non aveva paura dello scontro e del conflitto.
Amministrazione,
nel suo lessico, era sinonimo di servizio leale alla comunità. E per questo non
aveva paura, a volte, neanche di farsi sentire con i suoi modi un po’ bruschi.
Le
sue arrabbiature avevano qualcosa di proverbiale: investivano amministratori e
collaboratori, avversari politici o compagni di partito, senza distinzioni di
ruolo. Nelle sue sfuriate Aurelio non mancava mai di dire la sua verità, senza
sconti, non di rado in modo scomodo, senza tener conto delle convenienze ma
solo di quello che a suo avviso era giusto o sbagliato. Diplomazia per lui era
sinonimo di ipocrisia e quante volte ci ha difesi nel nostro lavoro di
amministratori di fronte a chi criticava, a chi provava ad approfittare politicamente
di una situazione di debolezza. Come
un leone partiva in quarta a tutela del suo Presidente, del suo Sindaco dei
compagni assessori e potevamo stare certi di non essere soli.
La
passione politica era un’altra delle sue cifre: una passione mai rinnegata, mai
edulcorata per comodità. Un impegno cui si è sempre dedicato intensamente,
senza nascondere il suo desiderio di esserci, di contribuire e di fare la sua
parte al meglio delle sue capacità. Perché Aurelio era quello che risolveva i
problemi e che conosceva le regole. Quello cui chiedere quando nessun altro
sapeva le cose, quello che con poche parole, anche nei momenti più drammatici
delle difficili e tese campagne elettorali sapeva indicare la via d’uscita,
sapeva cosa fare e come farlo, nel rispetto delle regole e degli statuti comuni
della vita politica.
Ha
insegnato la politica e l’amministrazione a una generazione intera, ha
scommesso sui giovani, lavorando senza dare nell’occhio perché potessero
affermarsi, dare il cambio nel governo della cosa pubblica, di casa o
nazionale.
A
me ha dato moltissimo: nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme nella giunta
guidata da Andrea Tagliasacchi, il nostro rapporto si è trasformato in
un’amicizia forte, improntata, come sempre quando si trattava di Aurelio, alla franchezza
e alla collaborazione. Sono stata io a guadagnarci, da quegli anni di lavoro
gomito a gomito: da lui ho imparato che la visione complessiva e
l’organizzazione pratica sono complementari, che traggono ossigeno l’una
dall’altra, che per realizzare un progetto importante per i cittadini e per il
territorio è necessario costruirlo pezzo per pezzo, in un processo di
concretizzazione che richiede confronto, senso pratico e passione.
Ci
sono molte cose che lo riguardano che dovremo mettere a sistema insieme alla
sua splendida famiglia, ai compagni di vita nel partito e nelle Istituzioni che
ha attraversato, per rendere giusto riconoscimento a lui ma soprattutto per
dimostrare anche a chi oggi si misura con la cosa pubblica quanta dedizione,
quanta preparazione quanta tenacia occorrano per fare ciò che Aurelio ha fatto!
In
fondo a chi si occupa della cosa pubblica è richiesto il buon senso del padre
di famiglia: ecco Aurelio quel buon senso l’ha avuto e noi ne siamo stati tutti
consapevoli dall’inizio alla fine.
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