20 novembre 2013

I bambini: futuro e speranza

Futuro: è la prima parola che mi viene in mente quando vedo un bambino. Un’altra è speranza, di cui abbiamo disperatamente bisogno. Oggi in Italia e in tanti altri Paesi nel mondo, la Giornata Internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ricorda la data, il 20 novembre 1989, in cui l’Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia.
Credo che sia drammaticamente superfluo ricordare quanti bambini ancora oggi vivano in situazioni insostenibili, privati della possibilità di vivere sereni, sani e sicuri, del diritto a imparare per diventare adulti capaci di dare il loro contributo ad un futuro migliore per tutti. Sono vittime di guerra, povertà e della nostra incapacità di costruire un mondo giusto. Troppe volte senza voce, sono i primi, insieme a tante donne, a fare le spese di una violenza subdola, familiare, diffusa in questa nostra società che ha l’ambizione di definirsi “civile”.
Per questo vorrei che le celebrazioni di oggi non restassero sulla carta.
Negli ultimi mesi abbiamo fatto qualche passo, in Parlamento, con la legge contro la violenza; sulla scuola si sta lavorando e credo che l’assunzione di diverse migliaia di nuovi insegnanti di sostegno sia un segnale importante. Come è importante la scelta di tante amministrazioni comunali di conferire la cittadinanza simbolica ai bambini nati in Italia da genitori migranti, che rappresentano, insieme ai loro coetanei italiani, la speranza di dare al nostro paese un avvenire più solido e sereno, grazie alle loro competenze, ai loro talenti, alla loro voglia di fare che dobbiamo avere la forza di sostenere e incoraggiare.
Restano tuttavia ancora molte, moltissime cose da fare. Contro la violenza, per il diritto all’istruzione, per quello alla salute, per l’integrazione.
La prima cosa che mi viene in mente è aprire gli occhi e il cuore.
Gli occhi devono stare ben aperti per guardare il mondo e capire i suoi cambiamenti. La globalizzazione prima e la crisi economica poi hanno cambiato il pianeta: è impensabile e ottuso continuare a ragionare come se ogni nazione fosse un’isola, tesa a difendere egoismi nazionali ormai impraticabili. Aprire il cuore, ben oltre la tenerezza e il dolore fuggevoli che certe immagini e certe notizie ci provocano, è indispensabile per nutrire la consapevolezza che proteggere i bambini significa proteggere il nostro stesso futuro. Difendere l’ambiente vuol dire difendere la loro eredità. Investire nella scuola e nella sanità equivale a garantire loro l’opportunità di dare il meglio, in sicurezza. Costruire cambiamenti culturali e sociali significa consegnare loro una prospettiva di equità e uguaglianza per tornare a tessere quei legami di solidarietà, vicinanza e giustizia che negli ultimi anni sono stati duramente intaccati da scelte politiche ed economiche e che devono invece rinascere ed estendersi ben oltre i confini delle comunità locali.

È questo l’impegno che vorrei che prendessimo, insieme. 

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