12 ottobre 2011

Il ko del governo

Un ko storico, quello incassato dal Governo ieri. La bocciatura dell’articolo 1 del rendiconto di bilancio, praticamente il punto di partenza per l’intera manovra, è arrivata nel pomeriggio a Montecitorio: nonostante la presenza di Berlusconi in Aula, i voti favorevoli sono stati solo 290, uno in meno del necessario all’approvazione. E l’ira del premier, prima pietrificato, poi in rapida ritirata dall’emiciclo, non è sfuggita a nessuno. Come a nessuno è sfuggito che a votare l’articolo non c’era Tremonti, artefice del provvedimento finanziario e da giorni protagonista di uno scenario di palpabile tensione nel centrodestra, alimentato a suon di battute poi rimangiate. E che sulla votazione di ieri pomeriggio ha chiaramente pesato l’esito non proprio felice del colloquio tra il presidente del Consiglio e il frondista Scajola. Le crepe della maggioranza erano evidenti da tempo, ma il risultato di ieri rappresenta una concretizzazione plastica, consumata sulla pelle del Paese, della schizofrenia di una coalizione incapace di lavorare a provvedimenti efficaci.
Solo ieri mattina, l’allarme di Trichet era suonato chiaro: bisogna fare presto, mettendo in campo misure adeguate per fronteggiare una crisi il cui morso è tutt’altro che allentato. La scena di ieri pomeriggio è stata l’unica risposta che questo esecutivo in panne è stato in grado di dare: lo stallo di una nazione, ancora grande ma paralizzata da tempo, immobilizzata dagli interessi del Presidente del Consiglio, la cui reputazione compromessa certo non giova all’immagine italiana nel mondo né alla nostra credibilità sui mercati.
Abbiamo chiesto le dimissioni di Berlusconi. Dalla maggioranza invece è arrivata a tempo di record la versione dell’incidente tecnico, della distrazione. Il presidente della Repubblica ha chiesto risposte chiare al premier: la maggioranza può lavorare? E dalla giunta per il regolamento della Camera si è saputo che l’iter parlamentare del rendiconto può considerarsi concluso dopo la bocciatura dell’articolo 1. Si parla di fiducia, con il premier in Aula tra oggi e domani. In questo clima confuso e tesissimo, l’unica cosa certa è che stiamo attraversando uno dei momenti più difficili per il nostro Paese. E un passo indietro da parte di chi ha sprofondato l’Italia in questo caos sarebbe senz’altro il segnale migliore per imboccare la strada di un cambiamento indispensabile. Un cambiamento che tutti reclamano, che sia di sostanza e non solo formale, che finalmente possa produrre soluzioni. Serve incisività, a partire dalla discussione del tanto atteso decreto sviluppo: dobbiamo essere in grado di dare risposte adeguate. 

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